Due ruote: La strada uccide i più «deboli»
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Due ruote: La strada uccide i più «deboli»
da Avvenire
A piedi o sulle due ruote
La strada uccide i più «deboli»
Le chiamano «utenze deboli», e mai termine è parso meglio appropriato
ad indicare una categoria di soggetti – uomini e donne, giovani e
anziani – che più degli altri utenti della strada mettono a repentaglio
la propria incolumità personale quando escono di casa per affrontare
uno spostamento anche minimo. «Un problema estremamente serio»,
denuncia Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania
(Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) per la sicurezza
stradale. «Un problema che denota il grado di inciviltà che
riscontriamo sulle nostre vie di comunicazione. Il rispetto di chi
sulla strada non è protetto da un abitacolo o sta attraversando sulle
strisce pedonali dà il senso dell’educazione dei conducenti e del
livello di cultura di un Paese». Il modo migliore di onorare la memoria
dei caduti sull’asfalto – appena ricordati nella Giornata mondiale –
non sarebbe stato quello di ridurre il tasso di mortalità ai livelli
europei rispettando l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime
entro il 2010? Invece no, si continua a morire, e si muore soprattutto
in città.
Non deve sorprendere che le aree urbane della penisola registrino un
rischio-strada sensibilmente superiore ai livelli di Parigi, di Londra
e di Madrid, per non parlare di Stoccolma, capitale di un Paese dove
sulla sicurezza della circolazione molto si è investito. «Abbiamo le
vie urbane più pericolose d’Europa», è stato messo in evidenza durante
un recente convegno milanese organizzato dalla stessa Ania e dall’Ancma
(Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori) di Confindustria
in occasione del Salone del ciclo e del motociclo giunto alla 67esima
edizione.
È infatti nelle aree urbane che nel corso del 2007 si è registrato il
76,6 per cento degli incidenti complessivi, vale a dire 176.897
sinistri con 2.269 morti e 238.712 feriti (nel 2008 fuori e dentro le
città sono morte complessivamente 4.731 persone e oltre 310 mila hanno
riportato lesioni di varie entità).
Ma chi erano, chi sono queste vittime del traffico? Torniamo al dato
generale del 2007: su 5.131 vite spezzate, 1.540 erano di motociclisti,
352 di ciclisti e ben 627 di pedoni. Insomma, oltre il 50 per cento dei
morti di traffico era – ed è – costituito dalle cosiddette «utenze
deboli». Volete andare in moto? Fatelo, lo fa anche chi scrive queste
righe, ed è incontestabile l’affermazione del presidente dell’Ancma,
Corrado Capelli, che sottolinea come le due ruote «siano una risorsa
preziosa per il futuro della mobilità». Fatelo, ma sappiate che
rischiate più di un automobilista, di un camionista, di uno spericolato
conducente di furgone. Motociclisti e ciclomotoristi pagano il 30 per
cento del gravosissimo tributo di vittime del traffico: quasi un morto
su tre, insomma, viaggiava su una due ruote a motore, che sono più di 8
milioni.
Facile puntare il dito contro il motociclista,
accusarlo di imprudenza (non certo assente). Facile ma ingeneroso in
quanto le statistiche parlano chiaro: la maggior parte dei motociclisti
viene investita dagli altri conducenti. Il
centauro è vittima, è «utenza debole» a tutti gli effetti. Ha ragione
Capelli: «Occorre aumentare la sicurezza di chi va in moto anche
rendendo più consapevoli gli altri utenti».
«Debole» è certamente la platea di utenza costituita dai ciclisti, 352
morti e 14.535 feriti. Sono cifre da bollettino di guerra se si pensa
che in Italia la media degli spostamenti in bici – complice la scarsità
di piste ad hoc, ma anche una certa pigrizia – è di gran lunga
inferiore alla media europea. In otto casi su dieci l’incidente è
causato da un’autovettura.
«Utenza debole», anzi debolissima è infine quella dei pedoni, per i
quali la strada – urbana o extraurbana – è davvero territorio ad alto
rischio: 627 morti e 20.525 feriti nel 2007, anno di riferimento. Ogni
giorno ne vengono travolti una sessantina, e due perdono la vita. Nel
51 per cento dei casi i rilievi effettuati dagli organi di polizia non
accertano responsabilità alcuna della vittima nella dinamica
dell’incidente. I morti sono per il 60 per cento uomini, i feriti per
il 64 per cento donne.
Se sei pedone, e per di più sei anziano, attento a come ti muovi: gli
over 65 sono coinvolti nel 55 per cento degli eventi mortali, mentre
nella fascia d’età tra zero e 15 anni il dato del 2006 parlava di 40
morti e 2.424 feriti, cifre in crescita rispetto al 2005. La regione
che guida la tragica classifica della mortalità pedonale è la
Lombardia. Seguono Lazio, Piemonte, Emilia. Agli ultimi posti (cioè ai
primi per sicurezza) la Sardegna, il Molise, la Basilicata. Qui il
pedone è più rispettato. Ultimo dettaglio agghiacciante: un
investimento mortale su tre avviene sulle strisce pedonali.
Antonio Giorgi
A piedi o sulle due ruote
La strada uccide i più «deboli»
Le chiamano «utenze deboli», e mai termine è parso meglio appropriato
ad indicare una categoria di soggetti – uomini e donne, giovani e
anziani – che più degli altri utenti della strada mettono a repentaglio
la propria incolumità personale quando escono di casa per affrontare
uno spostamento anche minimo. «Un problema estremamente serio»,
denuncia Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania
(Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) per la sicurezza
stradale. «Un problema che denota il grado di inciviltà che
riscontriamo sulle nostre vie di comunicazione. Il rispetto di chi
sulla strada non è protetto da un abitacolo o sta attraversando sulle
strisce pedonali dà il senso dell’educazione dei conducenti e del
livello di cultura di un Paese». Il modo migliore di onorare la memoria
dei caduti sull’asfalto – appena ricordati nella Giornata mondiale –
non sarebbe stato quello di ridurre il tasso di mortalità ai livelli
europei rispettando l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime
entro il 2010? Invece no, si continua a morire, e si muore soprattutto
in città.
Non deve sorprendere che le aree urbane della penisola registrino un
rischio-strada sensibilmente superiore ai livelli di Parigi, di Londra
e di Madrid, per non parlare di Stoccolma, capitale di un Paese dove
sulla sicurezza della circolazione molto si è investito. «Abbiamo le
vie urbane più pericolose d’Europa», è stato messo in evidenza durante
un recente convegno milanese organizzato dalla stessa Ania e dall’Ancma
(Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori) di Confindustria
in occasione del Salone del ciclo e del motociclo giunto alla 67esima
edizione.
È infatti nelle aree urbane che nel corso del 2007 si è registrato il
76,6 per cento degli incidenti complessivi, vale a dire 176.897
sinistri con 2.269 morti e 238.712 feriti (nel 2008 fuori e dentro le
città sono morte complessivamente 4.731 persone e oltre 310 mila hanno
riportato lesioni di varie entità).
Ma chi erano, chi sono queste vittime del traffico? Torniamo al dato
generale del 2007: su 5.131 vite spezzate, 1.540 erano di motociclisti,
352 di ciclisti e ben 627 di pedoni. Insomma, oltre il 50 per cento dei
morti di traffico era – ed è – costituito dalle cosiddette «utenze
deboli». Volete andare in moto? Fatelo, lo fa anche chi scrive queste
righe, ed è incontestabile l’affermazione del presidente dell’Ancma,
Corrado Capelli, che sottolinea come le due ruote «siano una risorsa
preziosa per il futuro della mobilità». Fatelo, ma sappiate che
rischiate più di un automobilista, di un camionista, di uno spericolato
conducente di furgone. Motociclisti e ciclomotoristi pagano il 30 per
cento del gravosissimo tributo di vittime del traffico: quasi un morto
su tre, insomma, viaggiava su una due ruote a motore, che sono più di 8
milioni.
Facile puntare il dito contro il motociclista,
accusarlo di imprudenza (non certo assente). Facile ma ingeneroso in
quanto le statistiche parlano chiaro: la maggior parte dei motociclisti
viene investita dagli altri conducenti. Il
centauro è vittima, è «utenza debole» a tutti gli effetti. Ha ragione
Capelli: «Occorre aumentare la sicurezza di chi va in moto anche
rendendo più consapevoli gli altri utenti».
«Debole» è certamente la platea di utenza costituita dai ciclisti, 352
morti e 14.535 feriti. Sono cifre da bollettino di guerra se si pensa
che in Italia la media degli spostamenti in bici – complice la scarsità
di piste ad hoc, ma anche una certa pigrizia – è di gran lunga
inferiore alla media europea. In otto casi su dieci l’incidente è
causato da un’autovettura.
«Utenza debole», anzi debolissima è infine quella dei pedoni, per i
quali la strada – urbana o extraurbana – è davvero territorio ad alto
rischio: 627 morti e 20.525 feriti nel 2007, anno di riferimento. Ogni
giorno ne vengono travolti una sessantina, e due perdono la vita. Nel
51 per cento dei casi i rilievi effettuati dagli organi di polizia non
accertano responsabilità alcuna della vittima nella dinamica
dell’incidente. I morti sono per il 60 per cento uomini, i feriti per
il 64 per cento donne.
Se sei pedone, e per di più sei anziano, attento a come ti muovi: gli
over 65 sono coinvolti nel 55 per cento degli eventi mortali, mentre
nella fascia d’età tra zero e 15 anni il dato del 2006 parlava di 40
morti e 2.424 feriti, cifre in crescita rispetto al 2005. La regione
che guida la tragica classifica della mortalità pedonale è la
Lombardia. Seguono Lazio, Piemonte, Emilia. Agli ultimi posti (cioè ai
primi per sicurezza) la Sardegna, il Molise, la Basilicata. Qui il
pedone è più rispettato. Ultimo dettaglio agghiacciante: un
investimento mortale su tre avviene sulle strisce pedonali.
Antonio Giorgi
Ultima modifica di kurzillo il Mar 8 Dic - 8:33:59 - modificato 1 volta.
Capitan Kurzillo- ASSISTENTE AMMINISTRATORE
- Messaggi : 2843
Data d'iscrizione : 18.10.09
Età : 68
Località : casale monferrato
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Re: Due ruote: La strada uccide i più «deboli»
e sembrerebbe proprio così....
Capitan Kurzillo- ASSISTENTE AMMINISTRATORE
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